Con l’ordinanza 31 marzo 2023 n. 9143, la Corte di Cassazione ha affermato che, “in caso di cessione d’azienda dichiarata illegittima, permane l’obbligo contributivo previdenziale del c.d. cedente anche in relazione al periodo per il quale la prestazione lavorativa è stata resa in favore del beneficiario della c.d. cessione (n.d.r. il cessionario)”, così precisando, in caso di Illegittima cessione di azienda, gli obblighi retributivi e contributivi di cedente e cessionario.

Invero, secondo la Suprema Corte, per effetto dell’accertata invalidità della cessione di azienda, i rapporti di lavoro dei dipendenti interessati dalla cessione vengono ricostituiti, con efficacia retroattiva, nei confronti dell’unico, reale datore di lavoro – il cedente – sul quale gravano conseguentemente gli obblighi retributivi e previdenziali.

A detta dei giudici di legittimità, inoltre, è irrilevante che, medio tempore, i dipendenti abbiano lavorato in favore del cessionario e che quest’ultimo abbia loro corrisposto le retribuzioni e versato i contributi previdenziali, considerato che il rapporto intercorrente tra cessionario e lavoratori interessati dalla cessione è un “diverso ed autonomo rapporto di lavoro, in via di mero fatto”.

Con la conseguenza che l’eventuale pagamento da parte del cessionario di retribuzioni in favore dei lavoratori interessati dalla cessione, così come l’eventuale versamento di contributi da parte di tale soggetto in favore dell’I.N.P.S. non ha un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva e previdenziale gravante sul cedente, anche alla luce della natura inderogabile e indisponibile dell’obbligazione contributiva, comportante tra l’altro l’inapplicabilità nella specie sia dell’art. 1180 c.c., sia degli artt. 27 e 29 del D.Lgs. n. 276/2003 (in tema di somministrazione irregolare e appalto illecito).