Con la pronuncia del 7 aprile 2023, n. 9591, la Corte di Cassazione ha dichiarato che “nell’ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni in pejus per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti”.
Invero, per il Supremo Collegio, nel caso in cui ad una disciplina collettiva privatistica succeda altra disciplina di analoga natura, si verifica l’immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorché la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori, poiché “il divieto di deroga in pejus è posto dall’articolo 2077 c.c., unicamente per il contratto individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo”.
Sulla base di tale principio, i giudici di legittimità hanno escluso che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall’esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale. Pertanto, le disposizioni appartenenti a un contratto collettivo non più in vigore non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (art. 2077 c.c.), che riguarda unicamente il rapporto fra le clausole del contratto individuale la contrattazione collettiva.